inchiesta di Angela Mendicino
In una regione il cui tasso di disoccupazione è tra i più altri Italia, e in cui il problema occupazione penalizza maggiormente le donne, bisogna fare i conti con le “proposte indecenti” di chi offre un posto in cambio di pochi spiccioli. E lo chiamano stipendio. Basta dare un’occhiata ai siti e le bacheche di annunci. La mia inchiesta parte da questo.. Faccio il numero, chiamo per un colloquio. Che si tratti di un impiego come coordinatrice, segretaria, operatrice di call center, elemento che accomuna tutti questi signori che cercano un impiegato è chiedere tanto in termini di preparazione, disponibilità a lavorare con impegno e dedizione avendo responsabilità e poi rovescio della medaglia quando si chiede contratto e compenso le risposte sono a dir poco “indecenti”. Contratti a progetto, collaborazioni occasionali, e gli “stipendi” (questi signori hanno anche il coraggio di appropriarsi di certi termini) sono di trecento euro. Poi c’ è qualche cosiddetto imprenditore (sarebbe più appropriato “prenditore”) che a fronte di un lavoro di coordinatrice e amministratrice di un impresa, con tanto di conoscenze informatiche richieste, un orario di lavoro full time di otto ore compreso il sabato, offriva una elemosina fissa pari a 500 euro.
E la chiamavano flessibilità del lavoro. Dalle telefonate e colloqui realizzati nel corso di un mese, attraverso le imprese private che offrono lavoro sulle bacheche dei Centri per l’impiego e altri siti specializzati, il risultato è sempre lo stesso. I datori di lavoro pretendono risorse specializzate, dei manager, ma offrono un salario che è decisamente fuori legge al di sotto dei contratti di lavoro nazionali. Delle truffe in pratica. Stipendi pari a quelli dei paesi in cui è caduto il regime, di pesi del Nord Africa in cui oggi si assiste a guerre civili e di contrasto alle dittature militari come in Libia.
Nei sindacati aumentano le lamentele e le denunce di lavoratori vessati dagli imprenditori, aziende che mettono in cassa integrazione i dipendenti, imprese fantasma che rubano i fondi comunitari e spariscono lasciando centinaia di persone senza stipendio (emblematico il caso del call center Phonomedia presente in 12 città italiane, in Calabria a Catanzaro, i cui titolari “fantasmi” sono spariti evadendo il fisco e lasciando senza stipendio né cassa integrazione 7mila dipendenti).
In una situazione del genere molte sono le persone che a fronte di poche centinaia di euro al mese affermano “meglio questo che niente” e si accontentano di contratti atipici come quelli a progetto che non garantiscono contributi pensionistici, non danno diritto a fere, malattia o maternità. Accettare il “meglio un poco che niente” equivale ad essere conniventi con un sistema lavoro illegale, improduttivo che fa male al lavoratore e all’economia, arricchendo solo le tasche del titolare. Sveglia ragazzi, il tempo dello sfruttamento deve essere bloccato per la libertà di tutti i cittadini e per il futuro di tutti.